Google+ Bolgeri - il Gruppo Tolkieniano di Milano: giugno 2006

giovedì, giugno 15, 2006

I draghi di Tolkien: esposizione e catalogo a cura di F. Pocaterra, M. Sussa e C. Zonta

Breve valutazione.
Allestimento: *** (buono)
Scelta delle opere: ** (altalenante)
Percorso: *** (buono)
Catalogo: *** (buono)
Discorso d'inaugurazione:
Discorso di chiusura:

- Cronaca di un successo sperato -
Dunque, tutti ricorderanno la mia velenosissssssima stroncatura alla mostra della XII Hobbiton, che qui porto come biglietto da visita e garanzia di obiettività (oltre che di lingua biforcuta, ma questa è un'altra storia). Unica differenza: quella era una critica sarcastica e parodistica, mentre questa è una critica seria.
Avevo sperato di poter scrivere queste parole: la mostra di Bassano mi è sembrata buona per forma e contenuto. Innanzitutto, buono l'allestimento: pannelli professionali e visibile cura nella disposizione delle opere, etichette con autore e titolo accanto a tutte le tavole (tranne lo Smaug di Cinzia, ma è difficile da etichettare a causa delle dimensioni e io ne so qualcosa). Buono anche il percorso, un modesto ibrido tra raggruppamento per tema e raggruppamento per autore, che lascia perplessi solo a causa di due "Marie Di Stefano" agli angoli opposti della sala. Buono, infine, il catalogo (o fascicolo informativo? non sono mai riuscita a propendere per un termine o per l'altro), che segue il classico schema: introduzione - biografia dell'autore - scheda dell'opera con riproduzione e citazione (con eventuale citazione delle parole dell'autore). Un peccato la mancanza di commento critico da parte della curatrice.
Purtroppo tanta "bontà" è stata minata da alcune discutibili scelte. Innanzitutto, la presenza di seppur ottimi disegni a tema naturalistico (dinosauri) e fantascientifico (draghi vs. navicelle spaziali).
Innanzitutto, l'accostamento draghi-dinosauri è un problema annoso che meriterebbe di essere affrontato in maniera esplicita, se lo si desidera inserire all'interno della mostra. A mio parere, l'accostamento è errato e svilisce la potenza iconografica del drago: affermare, come fa Dacqué, che il drago sia residuo di una memoria originaria precedente a quella propria del genere umano e sopravvissuta a livello istintivo, svilisce una figura che potrà anche attingere le proprie caratteristiche da una subconscia paura ma che ha fondamento nell'immaginario. Senza contare, infine, che Tolkien si è rifatto senz'altro all'immagine dei dinosauri ma altrettanto sicuramente non l'ha fatto per i draghi, perché ben altri erano i suoi modelli.
Ho trovato fuori luogo anche l'accostamento alla fantascienza, sempre per una questione di discordanza di modelli: Tolkien non si è mai rifatto né a quel tipo di immagini né a quel tipo di impostazione, perché altri erano i suoi intenti. E se l'intento era di presentare sulla destra dei modelli antitetici a quelli più fedeli sulla sinistra, ciò toglie un punto non solo all'allestimento ma anche al catalogo, che non rendeva affatto chiara questa chiave di lettura. Gli stessi Nazgul trovo abbiano assai poco a che fare con i draghi. Innanzitutto, le creature alate sono asservite al nemico, mentre i draghi in ogni tradizione sono esseri senzienti, dotati di molte di quelle stesse caratteristiche che la cultura giudaico-cristiana attribuisce al Lucifero-serpente dell'Eden. Le creature alate, al contrario, non brillano né per lo spirito né per il gusto. Secondariamente, i pochi indizi che Tolkien offre circa la natura delle creature ci parlano di grandi uccelli primitivi, di esseri un tempo naturali e poi manipolati dal nemico. Potrebbero, appunto, essere dinosauri.
Discutibile anche la miscellanea in cui facevano la loro comparsa due disegni bellissimi ma fuori luogo: un drago della tradizione italiana (non ricordo il titolo) ad opera di Maria Di Stefano ed un drago orientale ispirato al controverso ed affascinante studio di Leonardo da Vinci, ad opera di Simona Calavetta, che ben poco hanno a che vedere con il repertorio iconografico cui Tolkien si è ispirato nella creazione dei suoi draghi. Infine, discutibile la scelta di inserire, tra le opere di Fabio Porfidia, due opere aventi i balrog come comprimari nel soggetto. Ancora una volta, è possibile l'accostamento ai draghi come elementali del fuoco, ma è una scelta complessa che andrebbe spiegata nel dettaglio.
Tra le opere "in tema", ho infine qualche dubbio riguardo all'artista accanto a Fabio Porfidia (sarei grata a chiunque me ne ricordasse il nome). Il suo stile "africano" mi è sembrato più volte esasperato ed artificioso, teso più ad un disegno di maniera che ad una reale esigenza espressiva. Come dice Caroli, Rousseau è «l'unico vero naif della pittura moderna». Il resto è atteggiamento, e la disegnatrice in questione a mio parere non fa eccezione. Straordinari come sempre Fabio Porfidia e Cinzia Zonta, bello anche l'occhio disegnato da Francesca Pocaterra e non mi spenderò in ulteriori commenti riguardo alle opere già viste alla Hobbiton XII: Valerio Paglia, Marco Addamiano, Mirkalla Bonoli ed il famoso Smaug di Maria Di Stefano (sperando di non averne dimenticati) sono opere di valore indiscusso e sicuramente "in topic". Elogio sfrenato all'arazzo appeso dietro al tavolo delle conferenze che, oltre ad essere un'azzeccatissima scelta di allestimento, era di qualità stupefacente data la storia che aveva alle spalle (unica pecca: era orientale e quindi un po' OT).

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  • il nostro compositore Edoardo Volpi Kellermann parla del suo nuovo brano Festa in Casa Baggins (prima parte dell'articolo)
  • il compositore, violinista e direttore d'orchestra Alessandro Ferrari parla della sua Sinfonia degli Anelli (seconda parte dell'articolo)
Tolkien illustrato:

  • Gandalf (e su come lo stregone ha perso il cappello).

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lunedì, giugno 12, 2006

I Draghi di Tolkien: conferenza di F. Guglielmi

Procedo ad un resoconto della conferenza di Francesco Guglielmi dal titolo "Il Drago: Simbologia e iconografia nell’arte", tenutasi il 10 giugno in occasione della già segnalata manifestazione bassanese. Dovrei aver preso appunti accurati e spero di non commettere inesattezze. Spero soprattutto di non metterci del mio. Seguirà invece lungo commento tra i commenti.
La conferenza inizia individuando un concetto alla base, ovvero l'identità tra drago e caos, tra drago e cosmo, e quindi la valenza del drago come simbolo di mutevolezza della forma. A testimonianza di questa concezione rimane la leggenda antica secondo la quale il drago era l'oceano che circondava le terre, il caos e l'infinito, il serpente che mordendosi la coda racchiudeva al suo interno tutto l'esistente.
Secondo la definizione canonica, il drago è un essere con il corpo di coccodrillo, quattro corte zampe artigliate, una lunga coda, una lunga cresta ed ali di pipistrello particolarmente importanti per l'immaginario gotico. Alcune variazioni in questa fisionomia si possono riscontrare in diverse culture ed a volte il drago può assumere forma umana, o adornarsi delle caratteristiche degli elementi di cui è simbolo.
Secondo la mitologia greca, il drago è un mostro da sconfiggere: Zeus combatte Tifone in un primigenio scontro tra ordine e disordine, ma non riesce a sconfiggerlo completamente. Inabissandosi, Tifone dà origine all'Oceano. Successivamente lo scontro tra ordine e disordine vede protagonisti Ercole, un semidio, e l'Idra abitratrice delle paludi e quindi simbolo dell'incontro disordinato tra gli elementi, tra acqua e terra. Infine, il compito di combattere il drago è dell'uomo, dell'eroe Giasone che durante la ricerca del vello d'oro si scontra con un drago non solo mostro ma anche guardiano, caratterizzato quindi da una doppia valenza di saggio e fiera. La coda lunga del mostro diviene quindi simbolo del percorso iniziatico dell'eroe, che sconfiggendo il drago raggiunge la conoscenza.
Simile è lo scontro tra Perseo ed il drago per la libertà di Andromeda, sempre costruito attraverso l'interazione dei tre personaggi con la donna su un lato della composizione (spesso il sinistro), simboleggiante la bellezza, l'armonia e la purezza. Tra lei e Perseo, la forza della razionalità, si frappone il drago, simbolo dell'irrazionalità e cui fa da contrappunto una natura morta.
La cultura giudaico-cristiana si appropria del drago come simbolo dei popoli avversari e di Lucifero: esempi di questo approccio si trovano nell'arazzo di Bayeux, nell'araldica normanna, nelle rappresentazioni di Saraceni, Mori e Turchi. Naturale conseguenza di questa accezione è la figura di San Giorgio che uccide il drago (più volte rappresentata da Paolo Uccello), rielaborazione del tema greco-romano. Nel più famoso dipinto di Paolo Uccello, la scena è bloccata, essenziale, e lo scontro è tra gli sguardi dei due antagonisti. Quest'immagine, dagli insegnamenti di San Bernardo in poi, assume scopo didattico per il cavaliere cristiano, che ad essa si deve ispirare non già in battaglia ma nella lotta per sconfiggere il male interiore. E' naturale quindi che Cosmé Tura rappresenti San Giorgio come l'arcangelo Michele ed il drago in atteggiamento insinuante, nascosto. [immagine] Particolari sono, piuttosto, la pittura nervosa ispirata alle correnti fiamminghe e lo scenario architettonico.
E' anche per questo motivo che nel rinascimento il revival del mito della cavalleria e dell'amor cortese si riconosce in un'opera come il dipinto di Raffaello del 1505, in cui il drago è un elemento quasi in secondo piano, accessorio di fronte all'integrità ed alla magnificenza di San Giorgio. Anche il Carpaccio interpreta il tema come un torneo cavalleresco, seppur influenzato dai pittori fiamminghi nel paesaggio: la lancia congiunge il cavaliere al drago attraverso le fauci, per penetrare il drago che è anche portatore di saggezza, e cui ancora fa da contrappunto una macabra natura morta in primo piano.
Uno degli ultimi passi è la prova del Tintoretto, in cui il primo piano è occupato dalla principessa in fuga mentre il drago, legato all'elemento dell'acqua, viene confinato in una spazialità vorticosa ed intensa creata dalla luce. Successivamente è l'umanizzazione del drago: a scopi pedagogici legati alla controriforma, alla figura simbolica del drago si sostituisce quella più esplicita del demonio, come nel dipinto di Guido Reni. Il processo di assimilazione è completo. Ne è testimonianza anche l'assimilazione della relazione tra i serpenti e la dea madre, che Caravaggio rielabora nel suo dipinto La Madonna della serpe, detta anche dei Palafrenieri: la Vergine schiaccia i serpenti sotto il piede, sul quale appoggia il piede il Cristo bambino. Il significato simbolico è chiaro: la Madonna (la Chiesa di Roma) è un tramite tra Gesù (Dio) e la terra, suo strumento nella sconfitta del serpente (il male ma anche il paganesimo).
In conclusione, il drago non è solo una mostruosità ma anche maestro, come dimostra il connubio indissolubile tra la bestia ed il cavaliere, l'esistenza dell'uno solo in funzione dell'altro. Il drago è simbolo del male interiore da combattere: la sconfitta del drago altro non è che una conquista personale.

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martedì, giugno 06, 2006

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  • Endore (il sito della rivista);
  • Soronel (la più completa bibliografia italiana di e su J.R.R. Tolkien);
  • Proudneck.it (il sito dello smial romano della Tolkien Society: nella sezione "risorse", un database di errori tipografici e di traduzione presenti nelle edizioni italiane del Signore degli Anelli e del Silmarillion);
  • Eldamar (il blog di Nicola Iarocci, ricco di notizie, recensioni e informazioni).
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